LE CITTA’ INVISIBILI
sono luoghi immaginari, invisibili perché nate dalla fantasia eppure così reali da sentirle vicine, simili all’odierno. In alcune l’uomo con la sua mano assetata di prevaricazione assedia, possiede e distrugge; il desiderio di ritrovarsi in luoghi ideali lo riconduce a pensare ai tempi trascorsi, al momento dei sogni, alla loro realizzazione, ad un vissuto di grande splendore. In altre c’è la consapevolezza dello scorrere del tempo, del moto inarrestabile della vita e della morte, dei desideri che diventano spazi ideali nei quali tendere fili, tracciare percorsi, amarne la continuità fino a sconfinare nell’inesistente, nell’invisibile; e poi il cielo, una mappa, un’ambizione di perfezione a cui fare riferimento…
Ho voluto interpretare le “Città Invisibili” di Italo Calvino rappresentandole oltrepassando la descrizione di quello che siamo soliti immaginare pensando a una città, a un luogo da vivere. Ho percorso le pagine del testo vivendole come luoghi emozionali; questo mi ha permesso di rompere gli schemi del “descrittivo prevedibile” e accedere a paesaggi inaspettati.
La duttilità di materiali diversi, con cui mi sono misurata e la sintesi con la quale ho cercato di assemblarli, è stato l’intento per avere una lettura “pulita” delle Città.
Paola Albani
L’idea di rappresentare il testo “Le città Invisibili” di Italo Calvino è nata dopo averne ascoltato la lettura di alcuni brani.
Avvicinarsi alle pagine attraversando le città, percorrendone i territori immaginari mi ha portato a “volerle” come luoghi emozionali. Utilizzando materiali diversi come mezzo di comunicazione per farle vivere è stato il modo per interpretarle.
Così troviamo i fili per darne la continuità, le stratificazioni di sabbia e paste acriliche che ne danno i confini, le carte e i colori che ho usato parlano anche delle genti e della loro presenza.
Una predilezione per il bianco è anche diventata uno strumento per farle “esultare” perché la loro identità potesse essere individuata e compresa.